IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Atti  relativi  ed indagini preliminari sul conto di Rossini Luigi
 nato a Gassino (Torino) il 27 luglio 1933, residente in  Ancona,  via
 Del Conero, 115/A, imputato:
       a)  del  delitto  di cui gli artt. 81 cpv., 476, 479, 61, n. 2,
 per avere con piu' azioni esecutive del medesimo  disegno  criminoso,
 essendo professore dell'Universita' di Ancona, facolta' di medicina e
 chirurgia,  formulato  due  falsi  verbali  di  nomina  di  consiglio
 dell'istituto  di  medicina  sperimentale  e clinica in data 5 luglio
 1985, corretto in 7 giugno 1985 e 2 ottobre  1986  facendo  risultare
 dagli  stessi,  avvenute  le riunioni in questione con la presenza di
 altri professori, riunioni non verificatesi e alle quali, comunque, i
 professori  Luciana  Leone  e  Cingolani  Maria Laura, erano assenti,
 nonche' deliberato la  sua  designazione  a  direttore  dell'istituto
 predetto  commettendo i fatti al fine di commettere i reati di cui ai
 capi seguenti. Ancona 5 o 6 luglio 1985 e 2 ottobre 1986;
       b)  di  usurpazione di pubbliche funzioni-delitto p. e p. dagli
 artt. 347 e 61, n.  9,  del  c.p.  per  avere  usurpato  la  pubblica
 funzione  di  direttore  dell'istituto  di  medicina  sperimentale  e
 clinica presso l'Universita' di Ancona commettendo il fatto con abuso
 dei  poteri e con violazione dei doveri inerenti alla sua funzione di
 professore come  indicato  sub  a);  in  Ancona,  2  ottobre  1986  e
 successivamente;
       c)  del delitto di cui agli artt. 640, secondo comma, n. 1, 61,
 n. 9, del c.p., perche' nella qualifica di cui sub  a),  trasmettendo
 al  rettore  della Universita' degli studi di Ancona il falso verbale
 in data 2 ottobre 1986 di cui pure  sub  a);  traeva  in  inganno  il
 medesimo  circa  la propria avvenuta nomina a direttore dell'istituto
 di medicina  sperimentale  e  clinica,  procurandosi  cosi'  ingiusto
 profitto  dalla  nomina  formale, da parte del rettorato, alla carica
 medesima  con  conseguente  danno   della   p.a.   interessata;   con
 l'aggravante  di  cui  al n. 61, n. 9, del c.p. per avere commesso il
 fatto con violazione  dei  doveri  inerenti  alla  pubblica  funzione
 esercitata. Ancona 20 novembre 1986;
       d)  del  delitto  di  cui  all'art. 324 del c.p. perche', nella
 qualifica di cui sub a);  trasmettendo  al  rettore  dell'Universita'
 degli  studi  di Ancona il falso verbale di cui pure sub a), prendeva
 privato interesse in un atto del  proprio  ufficio.  Ancona  in  data
 successiva al 2 ottobre 1986 ma antecedente al 20 novembre 1986;
    Presso  atto  che  nella concreta fattispecie si e' proceduto, nel
 corso dell'odierna udienza preliminare, ad apposita modificazione dei
 capi  di  imputazione,  in  un quadro che obiettivamente si riferisce
 all'intera norma ma sotto il profilo soggettivo (cioe' delle  singole
 accuse)   non  puo'  non  tenersi  conto  delle  novita'  processuali
 introdotte  nel  contesto  dell'odierna  udienza;  rilevato  che   in
 sintesi,  mentre  il  capo b) della rubrica e' rimasto inalterato, il
 capo c) ed il capo d) rivestono natura aggiuntiva  ed  autenticamente
 originale,  trattandosi  di fatti nuovi non enunciati nella richiesta
 del p.m. di decreto che dispone il giudice  (dovendosi  intendere  in
 tale  senso tecnico le parole "richiesta di rinvio a giudizio" di cui
 al n. 2, art. 423 del nuovo c.p.p.), trattandosi rispettivamente  del
 delitto  di  truffa  aggravata  e del delitto di interesse privato in
 atti di ufficio, mentre d'altronte il capo a) della rubrica,  benche'
 diversamente   circostanziato   rispetto   a   come   era   descritto
 nell'imputazione originaria e caratterizzato da connessione  a  norma
 dell'art.  12,  primo  comma,  lett.  b),  del nuovo c.p.p., tuttavia
 acquista sostanzialmente carattere innovativo in quanto si sottolinea
 che  i fatti in questione sono stati commessi in rapporto teleologico
 con la commissione dei reati di cui ai capi seguenti, e quindi in tal
 modo  si  delinea  una  autonomia  di contestazione nel senso logico,
 mentre in sede pregressa l'accennata finalita' si limitava  all'unico
 reato che e' rimasto invariato;
    Poiche'  quindi la questione si pone in parte con riferimento alla
 prima ipotesi  del  423,  in  cui  la  modifica  dell'imputazione  e'
 comunicata   al  difensore,  che  rappresenta  a  tutti  gli  effetti
 l'imputato ai fini della contestazione, in parte con riferimento alla
 seconda ipotesi della citata norma, in cui trattandosi di fatto nuovo
 non enunciato nell'originaria richiesta del p.m.,  per  il  quale  si
 debba  ovviamente  procedere  di ufficio, il giudicio ne autorizza la
 contestazione se il  p.m.  ne  fa  richiesta  e  vi  e'  il  consenso
 dell'imputato,  consenso non previsto logicamente nella prima ipotesi
 ove le novita' sono del tutto  marginali  e  si  tratta  in  sostanza
 soltanto di piu' incisiva qualificazione del fatto, mentre in nessuna
 delle due ipotesi, diversamente da quanto si verifica in dibattimento
 ex  art.  519  del nuovo c.p.p., e' previsto alcun termine a difesa a
 fronte delle nuove contestazioni;
    Ritenendosi  che  la  formulazione  del  secondo  comma, del nuovo
 c.p.p. sia viziata da palese incostituzionalita' nella parte  in  cui
 ritiene  il  consenso  dell'imputato  alla contestazione innovativa o
 supplementare  condizione  stativa  sine  qua   non,   ponendosi   la
 disposizione  di  legge  in  esplicito contrasto con l'art. 112 della
 Costituzione che sancisce l'obbligatorieta' di esercizio  dell'azione
 penale  da  parte  del  p.m.,  a  prescindere  dal momento storico ed
 effettivo  in  cui  detta  azione,  gia'  esercitata  originariamente
 tramite  la  richiesta  di  decreto ex art. 419, prosegua o meglio si
 perfezioni appunto  ex  423,  n.  2,  del  nuovo  c.p.p.,  violandosi
 altresi'  il  principio  della  parita'  fra i soggetti processuali e
 quindi l'altro  bene  costituzionalmente  garantito,  costituito  dal
 diritto   di   difesa,   inviolabile   in  ogni  stato  e  grado  del
 procedimento,  di  cui  all'art.  24  della  Costituzione,  facendolo
 dipendere   unilateralmente  dalla  disponibilita'  dell'imputato,  e
 quindi da un'eccesso  dell'altrui  difesa  del  tutto  sproporzionato
 rispetto  al  principio  del  favor  rei  di cui all'art. 27, secondo
 comma, della Costituzione;
    Essendo  la  questione  rilevabile  d'ufficio e non manifestamente
 infondata;